Notte del solstizio d'estate in tenda sul Monte Piana
Aggiornamento: 14 apr 2021
Non fai solo una fotografia con una macchina fotografica. Tu metti
nella fotografia tutte le immagini che hai visto, i libri che hai letto,
la musica che hai sentito, e le persone che hai amato.
Ansel Adams
20 - 21 giugno 2020

Seconda puntata … il movente del sopralluogo di un paio di settimane fa.
Da tempo accarezzavo il sogno di un bivacco notturno in tenda per godere del tramonto e dell’alba, i due momenti magici, spesso ricchi di sorprese, sempre inediti da milioni di anni. Poichè è necessario conoscere ciò che si fotografa, qualsiasi sia l'ambito fotografico, ho fatto mia la convinzione che in un luogo sia necessario trascorrervi un po' di tempo, per mettere in relazione tutti i nostri sensi con l'ambiente e trasmettere poi le emozioni nello spazio circoscritto di una fotografia. Il bivacco notturno consente la piena sintonia con il paesaggio poichè mi permette di fermarmi dove e quando lo desidero, con i miei tempi, per studiare il paesaggio nelle sue peculiarità cogliendone la variabilità al passare delle ore.
Ricordo, come regola generale, che il bivacco notturno in tenda al di fuori dei campeggi è possibile purchè la tenda venga montata dopo il tramonto e levata all’ alba, il cosidetto bivacco alpino.
Le condizioni del tempo sono buone sia per il tramonto che per l'alba, è prevista assenza di pioggia, l'unica cosa che spero veramente. Per il resto, un cielo movimentato da qualche nuvola, si sa ... fotograficamente, è più divertente.
Durante il precedente sopralluogo sul Monte Piana avevamo individuato una posizione sufficientemente defilata ma spettacolare, soprattutto al sorgere del sole, atteso in questo speciale primo giorno di estate per le 05:18 dalle guglie del Monte Paterno a nord est delle Tre Cime di Lavaredo.
Partiamo nel primo pomeriggio e, dopo un'ora e mezzo di salita, raggiungiamo la base del Monte Piana, appena dopo il lago di Misurina, da dove parte il comodo e largo sentiero, ex strada militare costruita dai soldati italiani durante la Grande Guerra per raggiungere la sommità del monte.



E’ pomeriggio inoltrato, all’ inizio del sentiero incontriamo un paio di escursionisti ormai al limite inferiore della discesa. Da lì in poi e fino al giorno dopo, nessun’altra persona avrebbe avuto l’idea di salire al Monte Piana che si presenta, come avevamo già potuto apprezzare, terrazza privilegiata sui maggiori gruppi dolomitici Tre Cime di Lavaredo, Monte Paterno, Gruppo dei Scarperi, Monte Rudo, Croda dei Rondi, Picco di Vallandro, Croda Rossa d'Ampezzo, Cristallo, Sorapis, Cadini tanto per citare quelli in primo piano.
Sulla spianata, appena sotto la cima, sorge il rifugio Bosi che durante la Grande Guerra era adibito a sede del Comando del battaglione italiano. E' chiuso, un cartello affisso alla porta avvisa della prossima apertura prevista da lì ad una settimana.
Sulla rotondeggiante cima il silenzio è sovrano, siamo soli, essere lì sembra un regalo del quale abbiamo l' esclusiva, ogni tanto si ode il verso inconfondibile delle pernici, pochi esemplari in lontananza, dominatori incontrastati di questo palcoscenico che si prepara ancora una volta a stupire. Questa sera lo spettacolo si preannuncia interessante, lo spartito prevede ben più di sette note disposte circolarmente a suonare all’ unisono una melodia dolcissima dai colori inizialmente tenui e via via più intensi, in un crescendo che coinvolge tutti gli organi di senso, si scatena un vero idillio che chiama a turno anche i giganti di roccia che via via si accendono come se un musicista premesse sui tasti del pianoforte. Sono previste anche le pause laddove sembra che la musica perda forza per spegnersi, ma poi riprende in un altro settore, in un' altra pagina dello spartito, più a sud o a est, laddove la luce, dopo aver compiuto milioni di km, sembra appoggiarsi sulla Cima Ovest o sul Cadino delle neve o sul Monte Rudo, ecc. … ed io sorrido.









Mi sposto più a ovest sperando di cogliere qualche raggio che filtra tra le dense nubi, qualcuna più minacciosa che si rivelerà innocua, il vento soffia con decisione e senza interruzione. Una alla volta, si attenuano le note dorate e prendono vita i suoni blu, è un tempo breve, mi affretto a cogliere il movimento delle nuvole impostando tempi più lenti possibile.

Il tramonto è compiuto, è ora di montare la tenda e prepararci alla notte all’ aperto separati dalla natura dal leggero strato di tela che si rivelerà molto efficace contro il vento. La temperatura scende velocemente, si attesterà qualche ora più tardi sul -1. Una cena calda e gustosa, anche se spartana, è quello che ci vuole per concludere la giornata.
Passare una notte in tenda a 2.324 m. è un’esperienza a tutto tondo ma che non deve essere assolutamente sottovalutata. Oltre alla conoscenza dell'ambiente, un occhio di riguardo va riservato all’ attrezzatura: - la tenda deve essere robusta per riparare adeguatamente dal forte vento, presenza molto probabile a queste quote,
- il sacco a pelo deve essere caldo, ossia avere una temperatura comfort adeguata all'uso, meglio se a mummia con cappuccio per evitare dispersione di calore,
- un materassino autogonfiante, possibilmente molto leggero e dalle ridotte dimensioni che, oltre al comfort, garantisce anche un buon isolamento dal terreno,
- lampada frontale utilissima perché consente di muoversi senza impedimenti, avendo le mani libere,
- cibo e bevande calde in thermos


La pausa notturna è davvero breve nella notte del solstizio estivo, nonostante il cielo nuvoloso, alle 11 di sera c’è ANCORA luce e alle 4 c’è GIA' luce! L’emozione di dormire in quota, il vento incessante per tutta la notte che fischia tra le fronde dei tre piccoli alberi dietro la tenda, custodi del nostro rifugio, non mi permettono un sonno continuo. D'altronde, mi piace ascoltare il vento e aspettare di scorgere il primo lieve bagliore sulla nostra cupola arancione.
Esco dal guscio notturno in anticipo rispetto all’ orario previsto per il crepuscolo, per capire quale situazione mi aspetta e realizzo immediatamente che sarà un’alba a modo suo: non proprio l’alba che mi aspettavo, le nuvole si concentrano esattamente nel punto dove sta sorgendo il sole dietro il Paterno e lo schermano gelosamente quasi a volerlo custodire ancora un po’, mentre io aspetto che dia spettacolo di sé come solo lui sa fare da milioni di anni. Più il sole sale e più le nubi si addensano seguendone il movimento, fino a quando alcuni debolissimi raggi forano lo strato grigio, giusto due secondi, il tempo di uno scatto. In realtà lo spettacolo migliore si sta svolgendo alle mie spalle, il Cristallo si veste a festa con un cappello vivace, nei toni del rosa e dell’arancio, tutto in delicate tonalità pastello.

E’ un’alba gentile, non in grande stile e nemmeno violenta. Anche un’alba può essere un po’ sottotono, con lenti cambi d’abito, un po’ grigi, un po’ rosa, ma gentili, … un’ alba a modo suo.
E' tempo di levare la tenda, senza lasciare alcuna traccia del nostro passaggio.
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